Fondazione Migrantes: «il diritto alla libertà di movimento in Europa è sempre più a rischio»

È la fotografia scattata dal rapporto 2023 sul diritto d’asilo della Fondazione della Conferenza Episcopale Italiana.

Sono passati quasi due anni da quando nel vecchio continente ci si è trovati nuovamente a confrontarsi con la guerra. L’aggressione della Russia all’Ucraina nel febbraio del 2022 ha riportato dopo 30 anni, nel cuore dell’Europa, un conflitto che ha contribuito a portare i numeri delle persone in fuga oltre la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo.

E, come primo effetto, proprio quei paesi europei che si erano opposti in passato e nella maniera più tenace alla possibilità di accogliere richiedenti asilo in fuga da altri conflitti, cioè, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, sono stati i più esposti alle persone in fuga dalla guerra e, in verità, anche i paesi che a questi bambini, donne e uomini, hanno aperto più le frontiere. Tra questi stati c’è anche l’Italia, dove l’arrivo di oltre 170.000 persone dall’Ucraina non ha messo in crisi il sistema di asilo e di accoglienza. Anzi. Nella maggior parte dei casi queste donne e uomini in fuga hanno richiesto ed ottenuto rapidamente la protezione temporanea, un istituto che ha permesso loro di accedere alla sanità, al lavoro e alla scuola, senza sottoporsi alle pratiche estenuanti della domanda d’asilo.  Non solo. Sempre grazie alla direttiva sulla protezione temporanea gli ucraini hanno potuto muoversi in tutti gli stati europei e, sempre grazie a questa libertà di movimento, sono stati liberi di ritornare in Ucraina per monitorare la salute dei familiari rimasti in patria e senza per questo perdere il diritto alla protezione.

Quello che è certo, dunque, è che l’Unione Europea e tutti gli stati che la compongono si sono mostrati accoglienti nei loro confronti, provvedendo anche a valorizzare i titoli di studio e sostenendoli nell’accesso al lavoro a seconda delle loro capacità, competenze e professioni. Eppure – fanno notare l’antropologa Mariacristina Molfetta e la sociologa Chiara Marchetti nell’introduzione dell’ultimo report sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes: «tutte cose giuste e positive, ma che per il momento non sono state estese a tutte le altre persone richiedenti asilo e rifugiati che continuano a scappare da altre crisi e guerre nel mondo, benché non meno cruente o drammatiche». E ancora, le due studiose che ogni anno lavorano al rapporto che è stato presentato oggi a Roma, sostengono, a ragione, «che questo trattamento così differenziato per persone che vivono le stesse tragedie stride con il principio di equità e non discriminazione che dovrebbe governare le politiche europee». Di più. Mentre le guerre e le persecuzioni nell’anno in corso continuano ad estendersi, le istituzioni europee si preparano nell’anno che verrà prima della chiusura della legislatura a far approvare il patto asilo e immigrazione che porterebbe ad un’ulteriore limitazione dei diritti dei richiedenti asilo e rifugiati già messi negli scorsi anni a dura prova dalle politiche di frontiera. E in Italia? Qui «continua la persecuzione amministrativa delle navi delle Ong, da fine ottobre il confine con la Slovenia è stato di fatto chiuso adducendo la scusa di un rinnovato rischio terrorismo e per chi arriva via terra accedere alla procedura d’asilo sembra ormai impossibile». È questa la fotografia scattata dalla Fondazione della Conferenza Episcopale Italiana.

Tra Italia e Europa Di uno sguardo preciso sulle politiche in tema d’asilo, tra l’Italia e l’Europa, ci parla la seconda sezione del rapporto di Migrantes, in cui è descritto proprio il percorso di definizione del patto asilo e immigrazione, «un patto che contiene proposte che seguono sempre più una deriva di precarizzazione e reclusione, mentre si allontanano le prospettive più coraggiose di incremento dei canali di ingresso», scrivono il giornalista Duccio Facchini e il giurista Gianfranco Schiavone che hanno curato l’intera sezione. E, in effetti, Schiavone fa notare che del tema degli ingressi protetti se ne parla da tanto tempo e, apparentemente, li vogliono tutti o quasi. E anche che nella proposta del nuovo patto per le migrazioni e l’asilo la Commissione europea ne poneva accenno. Ma, dice il giurista: «nulla di questo vacuo programma è stato però realizzato nella grigia legislatura europea e la tematica dell’arrivo protetto dei rifugiati è stata finora ignorata e strumentalizzata in modo spregiudicato, soprattutto dal governo italiano». Ancora, rispondendo alle domande del direttore della rivista Altreconomia, Duccio Facchini, Schiavone ha ribadito «la progressiva erosione del diritto d’asilo nell’attuale contesto europeo, a partire dai casi in cui le violazioni, una volta venute alla luce, sono state giustificate quali condotte più o meno isolate, mentre le dichiarazioni ufficiali si affrettavano a sottolineare che sarebbero state assunte misure idonee affinché queste violazioni non si ripetessero».

In tutti i casi, a leggere i dati, preoccupano quelli relativi all’approccio hotspot, secondo cui tra i 55.100 migranti e rifugiati “transitati” per i quattro hotspot italiani attivi nel 2022 (quasi 46.100 le persone passate solo a Lampedusa) si contano quasi 10.500 minori, di cui 7.300 non accompagnati. E ancora, quelli sui rimpatri dei tunisini: «tra il 2019 e il marzo 2023 l’Italia ha rimpatriato 8.500 cittadini tunisini, che costituiscono in assoluto la prima cittadinanza fra i migranti sottoposti a rimpatrio forzato in tutto il periodo», si legge nel report. Cifre che fanno dire all’organizzazione della Cei, «che invece di creare vie di fuga sicure, organizzare una rapida accoglienza e distribuzione di tutti coloro che cercano protezione alle frontiere esterne dell’Unione Europea e sviluppare procedure efficaci per documentare e prevenire le violazioni dei diritti umani ai confini, l’UE e i suoi stati membri continuano a perseguire una politica di isolamento e di esclusione».

Scarica la sintesi del REPORT ASILO MIGRANTES 2023

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