Brindisi, tre morti in quattro giorni. La Comunità Africana alle istituzioni: si assicuri giustizia e sicurezza.

“Questi eventi sono tutti frutto di uno stato di emarginazione”: così Drissa Kone, presidente della Comunità Africana, riferendosi ai tre decessi avvenuti negli ultimi giorni a Brindisi, passati in sordina nelle cronache nazionali occupate dalla pandemia e dagli intrecci politici in vista dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Tre morti che non fanno il rumore che invece dovrebbe scuotere tutto il paese, visto che le responsabilità sono da imputare all’intera società, alle condizioni di discriminazione e sfruttamento che gravano da troppi anni su molte persone che in Italia vivono e lavorano, nostri concittadini di fatto ma invisibili e messi ai margini da norme e prassi.

Questi i fatti: l’8 gennaio è stato trovato il corpo senza vita di Inoly Kusey, 45enne di nazionalità ghanese, deceduto nel sonno.
Nello stesso giorno è stato rinvenuto, in un casolare abbandonato vicino al quartiere La Rosa del capoluogo pugliese, quello di Toure Saidou, 27enne originario della Guinea, dove lascia una moglie e quattro figli. Secondo le testimonianze di amici e connazionali che vivevano insieme a lui in un edificio abbandonato, Toure Saidou si sarebbe sentito male, e avrebbe lasciato il lavoro dirigendosi verso il luogo dove dormiva con altri lavoratori, utilizzando una bicicletta presa in prestito. La dinamica, come per Kusey, è ancora da chiarire. Quel che è certo è che è morto solo, in un edificio fatiscente: condizioni che, insieme allo sfruttamento, accomunano troppi lavoratori, in particolare – ma non solo – nel settore agricolo.
La morte di Toure Saidou ricorda quella di Camara Fantamadi, cittadino maliano ucciso lo scorso giugno dalla fatica, accasciatosi mentre rientrava in bicicletta dai campi. Dopo la sua morte, il presidente della regione Puglia Emiliano ha diffuso un’ordinanza che vieta il lavoro nei campi nelle ore più calde. Eppure, di fatica, di emarginazione, di sfruttamento si muore anche a gennaio, nella stessa invisibilità e indifferenza che colpisce d’estate. “Dopo la vicenda di Camara Fantamadi pensavamo che le istituzioni potessero prendere delle iniziative per non far ripetere più le tragedie già avvenute in passato”, afferma Drissa Kone rilanciando un forte appello, in particolare al presidente della Regione Emiliano.

“Dai racconti dei compagni di lavoro è certo che al lavoro è stato male, ma allora perché non l’hanno aiutato? Perché nessuno ha fatto l’unica cosa necessaria e forse sufficiente a salvargli la vita: chiamare il 118? Perché a nessuno importa sapere come è morto Saidou e Camara Fantamadi e troppe altre persone prima di loro? Perché non si fa un’autopsia a questi corpi che muoiono nelle campagne? Con loro muore la speranza di un futuro migliore per loro, per le loro famiglie, e per tutti noi, che crediamo in una convivenza civile e nella dignità del lavoro. Vigiliamo tutti uniti e con un’attenzione sempre maggiore sulle nostre campagne e nei nostri cantieri, perché questi crimini non accadano più e il valore delle vita sia uguale per tutti”: così i membri di Smiling Coast of Africa, associazione creata da un gruppo di persone provenienti da Gambia e Senegal.

“Le situazioni di vita e lavoro di molte persone sono sempre più precarie” afferma Valeria Pecere del Forum territoriale brindisino per cambiare l’ordine delle cose, sollecitando “un monitoraggio costante e rafforzato delle condizioni presenti nelle campagne”. E’ inoltre necessario “continuare ad affiancare con forza sempre maggiore le comunità, che devono sentirsi sicure di raccontare ciò che succede”.

“Chiediamo che sia fatta luce sulla morte del 27enne perché non ci siano morti di serie A e di serie B”, affermano Antonio Gagliardi Flai-Cgil Puglia e Cosimo della Porta Flai-Cgil Brindisi, sollecitando l’istituzione della Rete del lavoro agricolo di qualità

Intanto, la Comunità Africana si stringe nel dolore e nella solidarietà, iniziando a raccogliere fondi per aiutare la famiglia di Toure Saidou. E, mentre chiede l’apertura di un’inchiesta da parte della Procura, si rivolge alle istituzioni ma anche ai sindacati, sollecitando interventi concreti e adeguati.

Dopo tre giorni dal ritrovamento del corpo di Toure Saidou, Brindisi è teatro di un altro dramma, questa volta non nei campi ma direttamente dentro un apparato dello stato: un cittadino marocchino di meno di 25 anni, A. T., si toglie la vita nel carcere del capoluogo pugliese. E’ stato fermato su un treno privo di titolo di viaggio e tradotto nella casa circondariale a notte fonda per resistenza a pubblico ufficiale, perché “non accetta di trovarsi dove si trovava perché non aveva il biglietto di viaggio” afferma il garante dei detenuti Fernando Benigno. Un tragico episodio che non riguarda il lavoro nei campi ma, questo sì, un cittadino di origine straniera: anche per lui la Comunità Africana e le e i solidali chiedono di fare chiarezza.

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