Oltre 500 richieste di aiuto ricevute in due mesi da persone entrate in Italia con il decreto flussi.

Ecco le loro storie e il modo in cui possiamo tutelarli. L’appello del Forum alle istituzioni.

Nei giorni di luglio in cui Singh Satnam, 37 anni, un bracciante sikh di origine indiana, perdeva la vita in provincia di Latina a causa di un infortunio sul lavoro e, in seguito al comportamento criminale del suo datore di lavoro, (poi arrestato) che invece di portarlo in ospedale lo aveva scaricato davanti alla sua abitazione, come Forum Per Cambiare l’Ordine delle Cose avevamo lanciato un toolkit, cioè uno strumento per aiutare le persone migranti vittime di sfruttamento.

In particolare abbiamo voluto condividere uno strumento operativo per la tutela dei lavoratori immigrati entrati in Italia con il decreto flussi, e che hanno poi trovato il datore di lavoro irreperibile o indisponibile a definire il contratto di soggiorno.

In primo luogo, abbiamo pensato che raccogliere la storia e l’esperienza di un lavoratore o di una lavoratrice sarebbe stato il primo passo per permettere ad una persona migrante di soggiornare legalmente nel nostro paese: un primo tassello utile ad intraprendere azioni legali per poter ottenere un permesso di soggiorno per lavoro, laddove vi sia un nuovo datore di lavoro; oppure, in altri casi, dove vi siano i requisiti, per l’ottenimento di un permesso di soggiorno per attesa occupazione; infine, ma non meno importante, date le condizioni drammatiche in cui si trovano alcuni dei migranti che arrivano in Italia con il decreto flussi, la raccolta delle storie potrebbe essere utile per avviare una procedura di richiesta di protezione internazionale.

Così, da Caserta a Roma, da Firenze a Pesaro Urbino e Milano, soltanto per citare alcune città dove sono presenti i nostri sportelli, ci sono giunte finora, in soli due mesi, 500 richieste di aiuto.

Storie come quella di Ismail, arrivato in Italia da qualche mese attraverso il decreto flussi e che poi il datore di lavoro non ha più voluto assumere. O come Saad, arrivato qui dal Marocco, ma che il suo datore di lavoro non l’hai mai incontrato. E ancora, Mohamed, cittadino tunisino arrivato nel maggio scorso con un contratto di lavoro, ma che è stato truffato dal mediatore che l’ha aiutato ad arrivare in Italia, ed ora è qui da qualche mese, senza un lavoro, senza un alloggio, senza un permesso regolare.

Un permesso di soggiorno desidera averlo anche Anas, in Italia da cinque mesi con un contratto di lavoro della durata di nove mesi. Ma anche lui è stato truffato dal suo ipotetico datore di lavoro di Salerno. Ora l’uomo vive a Bologna ed ha incontrato un imprenditore che è disposto ad assumerlo, ma che non può, in assenza di un permesso regolare.

Dal Nord al Sud Italia le loro richieste di aiuto sono tutte simili: ricevere assistenza per ottenere un permesso di soggiorno e un lavoro regolare, ottenere informazioni su come denunciare la propria vicenda e chi li ha ingannati, ricevere assistenza legale contro i datori di lavoro e i mediatori che li hanno posti in questa situazione.

E, tuttavia, al di là del sostegno concreto e materiale che la nostra rete fornisce ai migranti che si trovano in questa situazione, pensiamo anche che sia necessaria una presa di consapevolezza e responsabilità politica da parte del mondo politico e istituzionale. Per questo, nelle scorse settimane abbiamo incontrato prima il prefetto Gallo a cui abbiamo sottoposto varie questioni tra cui le conseguenze dell’ultimo decreto flussi, poi, Arturo Scotto – capogruppo della commissione lavoro per il Partito Democratico – e Cecilia Guerra deputata responsabile lavoro dello stesso Pd. Ad entrambi abbiamo chiesto di sostenere il processo verso la garanzia di una legittimità di soggiorno in Italia, sottolineando l’importanza di fare convergere gli interventi sia dal lato della società civile, che da parte delle istituzioni. Non solo. Al partito democratico e a tutta l’area progressista del parlamento, abbiamo avanzato una proposta che consenta di superare l’attuale meccanismo dei flussi e prevedere un meccanismo di ingresso regolare per la ricerca di lavoro con un relativo permesso di soggiorno.

Ora però è necessario un segnale politico ed istituzionale, concreto, per tutelare realmente i lavoratori e le lavoratrici invisibili.

Da parte nostra, continua il lavoro di advocacy: abbiamo messo nero su bianco una procedura che vi condividiamo a questo link, mentre è possibile consultare la mappa dei nostri sportelli diffusi su tutto il territorio nazionale.  

Inoltre, vi invitiamo a scrivere a info@percambiarelordinedellecose.eu per chiedere aiuto agli sportelli del Forum.

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