Perché la tragica e violenta morte di Agitu colpisce tutti noi?

Agitu infatti era una donna straniera in terra europea, vittima di un tipico processo capitalista nel suo paese di origine al quale si era opposta e al quale si continuava ad opporre con la sua iniziativa agricola in terra alpina.

Perché era il simbolo di quella straordinaria resistenza che si amano in una donna e che suscita un sentimento di ammirazione e di rispetto immediato: una storia simbolo della nostra epoca che coniuga l’amore per l’ambiente contro il consumo moderno, con il coraggio di un nuovo inizio, contro le logiche integrazioniste delle politiche di accoglienza. Agitu infatti era una donna straniera in terra europea, vittima di un tipico processo capitalista nel suo paese di origine al quale si era opposta e al quale si continuava ad opporre con la sua iniziativa agricola in terra alpina.

Sul suo sito web si legge: “Agitu Ideo Gudeta etiope trapiantata in Trentino da diversi anni per portare avanti la sua passione e la sua sfida: vivere in armonia con la natura e recuperare dall’estinzione la bellissima capra Mochena. Con gioia e tanta determinatezza Agitu ha recuperato un terreno di 11 ettari in abbandono e lo ha valorizzato come pascolo incontaminato per il suo gregge di capre. Impegno di Agitu è anche quello di difendere il territorio e proporre un modello di azienda agricola biologica sostenibile che possa funzionare da stimolo e incoraggiamento per quanti desiderano realizzare nuove modalità di vita, lavoro e convivenza”. Un saggio d’amore per la terra, per la comunità, per le relazioni sociali e che mette in luce nuove modalità di organizzazione del lavoro e della produzione.

Aveva anche avuto a che fare con brutti ceffi un terribile clima razzista che tutti noi conosciamo bene e che con coraggio aveva affrontato e messo a tacere: aggressioni che nascevano non a caso ma parte integrante di un contesto di odio con il quale Agitu aveva fatto i conti come purtroppo tanti in questo paese.

Coraggio e determinazione, impegno ambientalista, e sperimentazioni delle relazioni umane, ecco dunque cosa abbiamo amato di Agitu: al di là dell’idolatria di cui tutti siamo vittime vorremmo che il suo passato non sparisse tra la carta straccia e l’indolenza dell’intelletto europeo. Non vorremmo che allo stesso morisse quel piccolo scorcio di futuro che ci aveva donato, con lo straordinario amore per la natura e per la terra, tra gli odori delle sue croste lavate e del suo latte biologico, come se fossero l’urlo più feroce della disillusione che ritorna illusione e l’esempio civile di qualcosa che vada oltre il rumore. Solo così si potrà tornare a dare quella libertà richiesta e necessaria, quella che Agitu aveva seminato tra i suoi monti e nella nostra immaginazione.

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