Bolzano: pratiche dal basso contro la miopia istituzionale.

“Non possiamo aprire un’altra Winterhaus, non è nostro compito: è la politica a doversi fare carico delle necessità presenti. Noi abbiamo dimostrato che è possibile accogliere, e ci mettiamo a disposizione per dare una mano. Ma le istituzioni devono assumersi le proprie responsabilità. Noi ora denunciamo la loro assenza”
Un uomo si accorcia i capelli, fotografia di di Ludwig Thalheimer.

Un centinaio di persone senza casa, costrette a vivere per strada. E un gruppo di persone che non sta a guardare: è nato così il percorso di accoglienza dal basso nella città di Bolzano. Winterhaus, questo il nome dei due appartamenti messi a disposizione da privati e gestiti da un gruppo di volontari. Circa settanta le persone ospitate. Un’esperienza nata lo scorso dicembre e chiusa a fine aprile. “Anche quest’inverno un centinaio di persone rimarranno all’addiaccio”, commentavano al termine dell’esperienza i volontari, di fatto denunciando l’assenza delle istituzioni. Il tempo ha dato loro ragione: ad oggi, sono circa 120 le persone senza un tetto. La maggioranza sono uomini richiedenti asilo. Vivono sotto i ponti dell’autostrada, scappando dagli sgomberi della polizia.

L’insediamento sotto il ponte dell’autostrada: in questo punto vivono circa trenta persone, la maggioranza richiedenti asilo. Foto ©️ Ludwig Thalheimer.

Il 12 dicembre una manifestazione nel capoluogo altoatesino ha denunciato la situazione, sollecitando la politica: “Sotto i ponti a Bolzano vivono 120 persone, soprattutto giovani uomini. Parliamo di persone ai margini della società, il numero di chi non ha una casa è ancora più alto, circa 400 persone”, ha fatto presente durante la manifestazione Lissi Mair dell’associazione Omas gegen Rechts, Nonne contro le destre.

Al momento il comune ha fatto quello che fa ogni anno ossia aprire il centro per l’emergenza freddo. Ma i posti non bastano per tutti, e per l’accesso è richiesto un tampone –naturalmente negativo – difficile da ottenere per chiunque, ancora di più se si è privi di risorse economiche. Ed è solo dopo le pressioni di associazioni e volontari che la struttura è stata aperta anche di giorno, e non solo di notte. Dopo la manifestazione di sabato scorso l’amministrazione ha ipotizzato alcune possibili risposte, tra cui l’apertura della Fiera, che ancora però non risulta disponibile. “Come ogni inverno, si scopre che a Bolzano fa molto freddo, e si cercando soluzioni parziali ed emergenziali”, afferma Ermira Kola, del Forum territoriale Per cambiare l’ordine delle cose, che sottolinea la dinamica di deresponsabilizzazione presente tra le istituzioni: “Il comune dovrebbe occuparsi delle persone senza fissa dimora sul proprio territorio, ma è la provincia l’ente titolato a gestire la presenza di richiedenti asilo; a sua volta, la provincia sostiene che è la prefettura a non mettere i richiedenti asilo in quota provinciale, e dunque afferma di non poter intervenire”.

Un uomo si accorcia i capelli. Foto ©️ Ludwig Thalheimer.

Insomma: per la politica sono le categorie ad avere rilevanza piuttosto che le persone e i loro diritti. E tra questo rimpallo le persone continuano a rimanere per strada in difficoltà estreme, peraltro quest’anno in piena emergenza sanitaria: una condizione che per alcuni si protrae per diversi mesi, in attesa della risposta della commissione per la protezione internazionale. Per quanto riguarda le pratiche legate alla richiesta di protezione sono seguiti dalla Caritas, su mandato della Provincia: ma a parte questo, non c’è alcuna attivazione di percorsi di accoglienza. Inoltre, per via del covid19 le mense sono chiuse. E’ pensando a quest’ultima esigenza che un gruppo di persone, che vogliono rimanere anonime, ha pensato a creare un fondo. “Abbiamo dato dei soldi al proprietario di un negozio di alimentari, di origine iraniana, che li usa per garantire del cibo ai richiedenti asilo che vivono in condizioni di precarietà”, spiegano, sottolineando la possibilità, per le persone, di scegliere cosa mangiare: un  aspetto che può passare inosservato, ma che è cruciale nella conferma dell’autonomia di una persona nella propria quotidianità. Una coppia di insegnanti porta tè e caffè e mette a disposizione il proprio garage e l’energia elettrica per ricaricare cellulari e power bank.

Un uomo sotto il ponte dell’autostrada, a Bolzano. Foto ©️ Ludwig Thalheimer.

Non possiamo aprire un’altra Winterhaus, non è nostro compito: è la politica a doversi fare carico delle necessità presenti. Noi abbiamo dimostrato che è possibile accogliere, e ci mettiamo a disposizione per dare una mano. Ma le istituzioni devono assumersi le proprie responsabilità. Noi ora denunciamo la loro assenza”, afferma Caroline von Hohenbühel, presidente dell’associazione di volontariato Rifugio – Schutzhütte, che prima di aprire la Winterhaus accoglieva richiedenti asilo vulnerabili esclusi dall’accoglienza ‘istituzionale. Ad oggi, lei e altri volontari ospitano, anche grazie all’aiuto della chiesa e all’unione delle chiese evangeliche, quattordici donne con bambini.

E’ possibile: è ora che la politica agisca con responsabilità di fronte ai bisogni sui territori, facendo tesoro delle esperienze nate dal basso e delle pratiche quotidiane di solidarietà, che mostrano una società pronta a fare la sua parte per la costruzione di percorsi di incontro e inclusione.

Serena Chiodo per il Forum per cambiare l’ordine delle cose

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