ACCOGLIENZA EDUCATIVA
- Tavolo composito e multiforme, partecipazione di operatori di settore, assistenti sociali, insegnanti, volontari, studenti, attivisti, artisti. Mancano gli accolti, ci si interroga su protagonismi sbilanciati. Provenienza per lo più laziale, utile per analisi del territorio, con criticità e potenzialità. Fondamentale che il forum risponda alla richiesta di funzione ponte tra le realtà esistenti.
- Contesti periferici, soprattutto se vicini a progetti di accoglienza, in cui si respira insofferenza nei confronti del fenomeno migratorio, anche nelle fasce più giovani della popolazione e fra gli studenti. Si affaccia il primo richiamo alla necessità di formazione per i docenti (di tutte le materie) e gli attori del volontariato, che a volte sembrano gestire i progetti educativi in dimensione conflittuale, o comunque frammentata e polverizzata. Allo stesso modo viene rilevata la necessità di fornire competenze socio-affettive anche agli operatori dei servizi del territorio, che contemplino la trasversalità
anche della sfera relazionale. La scuola è e deve essere solo una delle agenzie formative. Non si può pensare che la scuola ed il corpo docente siano l’unico collante istituzionale ad agire nei percorsi educativi.
Il servizio sociale del territorio (livello locale) e l’ordine degli assistenti sociali (livello nazionale) potrebbero essere figure strategiche per queste nuove progettazioni, dato il mandato professionale espresso nello stesso Codice deontologico (cfr titolo IV, Capo I) che impone al professionista la promozione della cultura della solidarietà e della sussidiarietà e una mansione esplicita di costruzione di reti sociali per risposte articolate e differenziate ai bisogni espressi superando la logica assistenzialistica e contribuendo alla strutturazione di un sistema di rete integrato. - Il forum può essere figura terza in questo processo, verso istituzioni, privato sociale e terzo settore?! Sicuramente può essere strumento per potenziare la rete.
- La didattica dell’L2 viene individuata come primo veicolo di cambiamento, ampliando le possibilità di interazione tra le comunità e garantendo strumenti di autonomia, sganciati dalla percezione assistenziale della presenza di stranieri. Nonostante ci siano centinaia di esperienze di scuole L2 istituzionali o volontarie sul territorio italiano, e sicuramente su quello laziale, è ancora molto complesso metterle in rete o rintracciare la più vicina, comoda, rispondente alle esigenze personali dell’utenza. Il servizio pubblico, nella sua veste istituzionale, deve essere obbligato a farsi carico di questa mappatura e tramite l’analisi dei bisogni, potenziare o contribuire a formare una rete.
- Inoltre, si fa presente come esperienze di sperimentazione di didattica informale, siano allo stesso tempo più efficaci e creatrici di comunità (liberi nantes, penny wirton e insegnamento uno ad uno)
- Incoraggiare l’autorappresentazione, il peer to peer, in un’ottica simmetrica in cui siamo tutti stranieri residenti. Semplificare i linguaggi e gli strumenti di comunicazione e operativi (riferirsi a esperienze esistenti p.e. Susanna)
- Informalità educativa, non si identifica con progetti improvvisati, permette anzi di creare momenti collettivi di condivisione in cui si riduce di molto il rischio di progettazioni unidirezionali e ghettizzanti, SOLO PER STRANIERI FRA STRANIERI. La costante della progettazione di accoglienza educativa deve essere la mescolanza di protagonisti, provenienze, strumenti, saperi ecc. in una sorta di docenza circolare e diminuendo relazioni e strutturazioni asimmetriche.
Un esempio di destinatari: neet + richiedenti asilo, coetanei, stesse esigenze di socializzazione e sviluppo formativo e professionale.
Un’altra direzione della sperimentazione deve essere l’utilizzo di spazi nuovi, anche istituzionali di altri servizi, rivestendo di nuovi significati la fruizione e la riappropriazione gli spazi collettivi (scuole, consultori, ma anche progetti creativi e artistici nelle strade e piazze. Per esempio, esperienza nei consultori (Lazio) o nelle scuole primarie (Padova), dove il lavoro con i bambini viene usato anche per dare una possibilità di accesso al corso di lingua ai genitori).
Utilizzo delle competenze presenti sui territori, messe a disposizione della collettività, vicendevolmente.
Criticità rilevate rispetto alla prospettiva di genere e dunque particolare attenzione a orari, corsi, gestione dei figli, classi separate, corsi personalizzati sui bisogni di donne straniere.
- In questa direzione guarda la necessità di reperire fondi ad hoc, tramite fondi specifici su progettazione, anche per sopperire alla dispersione dei protagonisti che necessitano di entrate economiche, garantendo per esempio dei gettoni di presenza, che rendano appetibile la partecipazione. Prevedere fondi per formazione volta all’inserimento lavorativo.
- Uscendo da un’ottica autoreferenziale a cui l’associazionismo è costretto a tendere, c’è necessità di rivendicazione verso l’istituzione che deve farsi carico della sistematizzazione di queste pratiche. Interlocuzione con municipi, amministrazioni, sanità con mandato regionale
In sintesi:
– Una pratica feconda: insegnare L2 in contesti in cui si fa altro (consultori, scuole elementari…) per avvicinarsi all’utenza invece che attenderla
– Un elemento critico, che diventa anche strumento di progettazione: smettere di fare “progetti per i migranti”. Nella asimmetria strutturale della relazione con persone private o diminuite nei diritti, l’accoglienza educativa è uno dei pochi spazi (rispetto alle pratiche di emergenza) in cui è possibile agire una relazione paritaria: è un’occasione da cogliere. Se in sede di progettazione ci si rende conto di stare immaginando un progetto “per i migranti” è utile fermarsi e provare a capire se si può costruire un progetto “per tutti”, in un’ottica di educazione bilaterale
– Una rivendicazione: il lavoro di rete è fondamentale, ma spesso chi è immerso nelle pratiche non ha l’energia per seguirlo. In parte, ciò è mandato del forum. Ma a livello territoriale, è importante rivendicare con forza che questo sia un compito dell’ente pubblico locale.